|
del veltro allegorico di dante |
53 |
canti rammentava la vergogna di Venedico Caccianemici, cui apponevasi di aver venduto per pregio di denaro ad Azzone VIII la bella Ghisola (Inf. XVIII, 56). E non contento ad un solo tacciava in generale i bolognesi di dissolutezza (Inf. XVIII, 59-62), e vi aggiungeva il rimprovero dell’avarizia (Inf. XVIII, 63), del quale rimprovero non si legge appo l’Alighieri o il piú frequente, o il piú odioso a suo senno. Senza fallo mirava egli al denaro che di fresco era venuto di Firenze a Bologna perché i bianchi fossero espulsi: accennando in sua mente, che ben potevano i bolognesi farsi per avarizia così disleali verso gli ospiti, se la moneta era da tanto appo uno dei principali della cittá, che il sospinse a turpe mercato della propria sorella. Né qui finirono le acerbitá contro Bologna. Recente ancor viveva in Romagna ed in Lombardia la fama dei due illustri frati godenti, Catalano dei Malavolti e Loderingo degli Andalò, giá rettori di Firenze: solenni documenti di pubbliche paci attestano la fiducia che nella loro fede incorrotta i popoli avevano posto, e come alla voce dei due bolognesi erano sovente cessate le discordie fra i piú violenti nemici. Nondimeno PAlighieri gli accusò di avere sconvolto Firenze al tempo della loro signoria (Inf. XXIII, 108): e, giudicando false le loro virtú, dannolli cogl’ipocriti alle tristi cappe di piombo. Da essi torcendo gli sguardi a Pistoia ed alle ultime sciagure ivi patite dai bianchi, piangeva il poeta l’acerbo fine che questi vi ebbero (Inf. XXIV, 143-151): e quel Moroello Malaspina di Manfredi, avverso alla parte di Franceschino ed imperante in Pistoia nel nome di Lucca, chiamava copertamente «il vapore di Val di Magra» (Inf. XXIV, 145). E non taceva di Lucca si nemica dei bianchi: e quei cittadini tutti riputavali barattieri facendo le viste di eccettuarne solo il massimo fra ogni altro Bonturo Dati (Inf. XXI, 41 e 42); cacciando Martin Bottaio, l’uno degli anziani di Lucca, nel lago di pece qual barattiere (Inf. XXI, 38). Di Firenze poi, perché di piú cara, peggior governo ei faceva: e quei cinque ladri, sublime poesia, ti mettea dinanzi agli occhi per mostrare quanto a sua posta nella cittá fosse colmo il sacco della nequizia (Inf. XXV). Meno austero