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Quali fossero le opinioni degli studiosi che giá avevano pubblicato opere intorno alle questioni che il Troya affronta, risulta dai riferimenti e dai richiami che sono nelle lettere stesse che pubblichiamo, e da ciò che dovremo dire in seguito parlando delle discussioni intorno alle idee del Troya stesso. Solo ricorderemo qui come avesse contribuito a fare tali problemi piu presenti in Italia il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia del Manzoni, uscito la prima volta nel 1822. Ma la discussione si fece piú generale con la stampa del Discorso del Troya. Recensiva ampiamente il lavoro in un primo articolo, e ne discuteva in un secondo le conclusioni, il Rezzonico (*). Questi ritiene che il tributo dei vinti romani ai longobardi «... fu piuttosto segno di soggezione ed inferioritá nazionale che marchio di dipendenza servile da persona a persona, quale fu quella degli aldi»; perciò dura fatica ad ammettere che i romani resi tributari siano stati spogliati di terre, e non può «supporre troppo di leggieri che i longobardi, non contenti delle parziali usurpazioni a cui si erano abbandonati nei primi momenti della conquista, abbiano poi voluto e potuto aggiungervi poco dopo un’usurpazione generale di tutte le terre e l’assoggettamento individuale di tutte le persone». I conquistatori «anche dopo la conquista continuavano piú o meno a vivere a foggia di esercito; e quasi in campo collocati nelle terre dei vinti, da essi ricevevano l’alloggiamento ed il vitto...; il passaggio dall ’hospitalitas alla divisione delle terre riusciva molto agevole e quasi insensibile in un paese ed in un’epoca in cui le terre erano quasi tutte coltivate per mezzo di coloni addetti alla gleba, i quali pagavano e ne’documenti privati sopravvissuti, si trovano frequenti menzioni fatte di romani, ossieno italiani liberi, e di terre liberamente possedute da essi», Dal Sommario delia Storia d’Italia, di cui la prima edizione è del 1S46, non risulta che la discussione col Troya e gli studi degli storici stranieri e nazionali abbiano tolto del tutto il Balbo da quella specie d’incertezza o di prudenza di giudizio che pur appare nella Storia. Del resto basti riportare dal Sommario la conclusione a cui giunge: «Ad ogni modo essi (gli italiani) civilmente e politicamente rimaser certo servi molto piú che non sotto a’ goti. Di magistrati propri essi ebber tutto al piú alcuni giudici, dati forse anche qui dai vescovi, e sofferti da’ longobardi che non volean per certo imparar le leggi romane; ma non piú conti propri pari a’ grafioni, come sotto ai goti, e men che mai ministri romani, come Cassiodoro ed altri anche in Francia e Spagna».

(1) Giornale dell’I. R. Istituto Lombardo ecc., Milano, 1842, s. 1, 4; 1843, s. I, 6. Ripubblicato in appendice alla 2• edizione del Discorso del Troya.