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questione cronologica al Kraus! 1 ), al Pascoli(2), allo Zingarelli(3, che pongono la composizione del poema dopo la morte di Arrigo VII f 4 ), notava che come il Barbi, il Moore ed il Pascoli «risalgono, per via piú o meno diretta al sistema del Troya», cosi «chi rimanda la composizione del poema agli ultimi anni della vita di Dante (1316-1321)» sembra a lui «che ritorni ancora, senza avvedersene e per altra via, al tanto vituperato sistema del Troya, poiché agli accenni geografici attribuisce tutto quel valore esclusivo che questi dava agli accenni storici». Quanto al veltro, ricorderemo ancora soltanto che per il Parodi esso «non è neppure in Dante una forma concreta, bensí soltanto il solito vaporoso fantasma che, fra gl’incerti e strani bagliori del misticismo e della leggenda, compare nelle profezie medievali» (5); che per il Chiurlo non può essere né Cangrande né qualche altro duce ghibellino «per la ragione che soltanto dalle due guide può derivare al mondo salute! 6 )»; che per Lorenzo Filomusi-Guelfi, il veltro «non è né Benedetto XI, né Arrigo VII, né Uguccione della Fagiuola, né Cangrande della Scala, né Castruccio Castracani, né lo stesso Dante, né alcuno de’ molt’altri personaggi determinati, a cui si son rivolti, dal sec. XIV ad oggi, gli sguardi indagatori degl’interpetri: ma non è neppure un indeterminato pontefice; né, come i piú dei moderni inclinano a credere, un indeterminato imperatore o principe ghibellino. Tutte queste ipotesi urtano, a mio parere» (egli dice) «in una grave difficolta, oltre le minori, proprie di ciascuna ipotesi: il non cibar essi — ne dedurranno la prova, che dei falsi danteschi se n’ebbero assai di buon’ora, non parendo sufficiente il supporre che frate Ilario abbia mentito. Ma Tesserci stati dei falsi precoci (in questo caso s’abbia ben presente che cose contenute nella lettera non hanno per il Boccaccio altro valore che di un si dice), non dá punto il diritto di essere corrivi a cercarne e vederne dappertutto». (1) Dante, sein l.eben, ecc., Berlin, 1S97. (2) La mirabile visione, Messina, 1902. (3) Dante, F. Vallardi, Milano, 1904.

(4) Fa però una riserva, e si chiede: «Non è verosimile che negli anni 13081314 un disegno dell’opera fervesse nella sua (di Dante) mente e ch’ei ponesse mano a segnarne le linee?». E risponde: «In questo caso la catastrofe di Arrigo avrebbe non soltanto aggiunto un nuovo elemento all’opera, ma indotto il poeta a rimaneggiare il disegno e le parti giá scritte». (5) Op. cit.

(6 ) Chiurlo U.. Le idee politiche di Dante Alighieri e di Francesco Petrarca, in Giornale dantesco, a. XVI, 1908.