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della «Divina Commedia» e del tempo in cui furono scritti i versi 101-105 del canto Idell’Inferno che vi si riferiscono ( 0. In esso l’autore ricorda e, in parte, svolge piú ampiamente obiezioni al Troya giá rivolte da altri, diverse delle quali il Troya stesso aveva preso in considerazione e combattute negli scritti posteriori al Veltro allegorico di Dante Alighieri. Ritiene provato che la Faggiola nulla avesse a che fare col Montefeltro, non crede alla lettera di frate Ilario, in cui sente «assai meglio il tuono di un romanzo, che lo stile di un frate del milletrecento», né crede alla dedica át\VInferno ad Uguccione. Il Boccaccio nella Vita di Dante «non... registra» tale fatto «che per raccogliere una voce popolare, di cui egli mostra far poco conto; e nel Comento intrapreso da lui sulla Commedia (opera di piú matura etá e di piú sano giudizio, che la Vita di Dante) egli non ne fa piú veruna menzione». Il non credere che Cangrande fosse il veltro si «appoggia sul falso supposto, che la cantica dell’ Inferno fosse terminata nel 130S, o in quel torno»; né ha valore il fatto che lo Scaligero non combattè mai fuori di Lombardia «per le cose di Toscana e di Romagna, e per conseguenza dell’Alighieri...», perché «Dante non cercava nel campione disegnato sotto il nome di veltro un guerriero che pugnasse intorno al focolare, da cui egli era stato scacciato; bensí cercava un uomo, che infondesse speranze all’Italia di esserne la salute». Ha torto il Balbo quando scrive: «Non ciberá terra né peltro, è lode convenientissima, o se si voglia adulazione linissima ad Uguccione, signorotto povero e quasi senza terra, quantunque capitano e podestá di ventura felicissimo; ma sarebbe sconveniente, falsa e per falsitá ingiuriosa ad uno qualunque degli Scaligeri, signori giá vecchi di terre, e ricchi anzi magnifici principi»; ha torto, perché tal verso «non vuol giá dire non possederá, ma sibbene, coni’è spiegato dal Monti, non fará cibo delle sue brame». Per cacciar la lupa di villa in villa e rimetterla nell’inferno «non si richiedeva forse un uomo, che fosse (1) Iti Scritti su Dante di G. Todeschini, raccolti da Bart. Bressan, voi. I, Vicenza, tip. G. Burato, 1872. In un altro de’ suoi scritti discute il Todeschini particolarmente col Troya, in quello, cioè, che ha per titolo: Relazione di Dante con Alessandro da Romena; in esso mentre accetta l’opiuione che Dante si sia staccato dai bianchi fin dal marzo 1303 prevedendo le calamitá della guerra mugellana, combatte decisamente l’altra svolta dal Troya particolarmente in De’ due veltri di Dante Alighieri che Dante si sia recato nel 1302 o 1303 ambasciatore a Verona per conto di Bonifacio VIII.