Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/36

30 carlo troya


Cancellieri di Pistoia; la cittá diessi a Firenze: questa, quasi gran senno, richiamò nelle sue mura i capi dell’una e dell’altra parte, i quali appellaronsi neri e bianchi. Ripararono i bianchi a casa messer Vieri dei Cerchi, e i neri presso Corso Donati, fino a che la garrulitá in un banchetto della donna di Vieri in verso quella di Bernardo Donati non iscopri le gelosie cittadine (aprile 23), che per gara di pubblici offici si annidavano in petto agli ambiziosi. Da ciò gran fiamma si apprese a Firenze: da Firenze a tutta Toscana. Il dì primo di maggio fu quello del primo sangue che si versò: impensato accidente in una festa levò rumore fra i Cerchi e i Donati: dal romore alle armi; e fu mozzo il naso a Ricoverino dei Cerchi. Pel quale fatto crebbero a malvagia celebritá i sinistri nomi dei bianchi e dei neri. E ben volea Bonifazio spegnere così funeste faville: ma Vieri dei Cerchi si mostrò tanto ritroso alle preghiere del papa e tanto selvaggio, quanto messer Corso pronto e inchinevole. Gli sdegni divennero piú implacabili fra queste due sette dei guelfi, che tra i guelfi ed i ghibellini. Costoro, non dimentichi dell’Arbia e sperando venir nuovamente in istato, aderirono ai bianchi: ed ecco rincrudirsi le italiche fazioni, e la guerra di Sicilia farsi piú atroce. Da un lato, Uguccione della Faggiola, secondo alcuni capitano di Arezzo e secondo altri podestá di Gubbio, scacciò i guelfi da Gubbio coll’aiuto degli aretini e di Federigo di Monte Feltro (maggio 23); dall’altro lato Giacomo di Aragona vinse, ma senza frutto, il re Federigo sul mare (giugno 14). Spiacque ai fedeli che in un anno sacro al perdono, intendesse Bonifazio alle orride armi fraterne. Il suo legato Napoleone Cardinal degli Orsini potè nondimeno costringere Uguccione della Faggiola e Federigo da Monte Feltro ad uscire di Gubbio: grosso numero di ghibellini partì con essi, e fra gli altri Bosone Raffaeli detto di Gubbio, che si riparò in Arezzo e poscia fu amico di Dante. Il rimanente degli esuli si sparsero in Romagna, la quale rifecesi ghibellina: quantunque alcune cittá ed alquanti signori si dicessero tuttora devoti alla corte romana. Questa non omise di scagliare le sue censure: ma piú lenta procedeva dissimulando coi Polentani e coi Ma-