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Il primo articolo, un’ampia e diffusa recensione del libro, appariva nel numero LXVIII della rivista fiorentina, dell’agosto 1826, sottosegnato, in lettere greche, colle iniziali di Gabriele Pepe, l’amicissimo del Troya, il quale terminava lo scritto suo con le parole: «A taluno sembrar forse potrá aver l’autore posta troppa fiducia in alcune conghietture; pure avvisiamo, venuto che sará alle mani dell’egregio prof. Scolari il libro del signor Troya, ch’ei vedrá presso ad adempirsi il suo desiderio di una vita di Dante, nella quale, ridotta ogni cosa per altri narrata alle ultime differenze, proceda a dar conto anno per anno di tutte le private e pubbliche azioni di lui; e cosi mandi naturalmente sulla Divina Commedia il lume piú proprio a conoscerla». Nel numero seguente dell ’Antologia (LXIX, settembre 1S26), Carlo Witte riproduceva, traendola da un codice della Marciana di Venezia, la canzone: «Poscia ch’i’ ho perduta ogni speranza», sostenendo che fosse di Dante per quanto fino allora attribuita pressoché unanimamente a Sennuccio del Bene. Il Witte affermava fra l’altro, che se la canzone fosse ritenuta di Sennuccio riuscirebbe oscura, mentre riesce chiara se s’attribuisce a Dante. Ed in una nota all’ultima stanza d) diceva: «La canzone andando in Toscana passa per la Lunigiana, sará dunque scritta in qualche paese settentrionale. Volendo prestar fede ai recenti biografi di Dante, sarebbe cosa facile il determinare, dove il poeta poco dopo la morte di Arrigo abbia soggiornato. Io temo però che il loro assunto manchi pur troppo di fondamento. Onde mi pare assai miglior consiglio di confessare che, dopo la lettera dalla fonte il’Arno (16 aprile 1311) manchiamo di autentici documenti intorno alle peregrinazioni di Dante... Ingegnosissima senza dubbio è la strada per la quale ultimamente il eh. signor Troya ha creduto di ( 1 ) La riportiamo ove fosse comodo averla sott’occhio per qualche lettore. Canzon, tu te traudrai ritto in Toscana a quel piacere che mai non fu piai fino, e, fornito il cammino, pietosa canta il mio tormento fiero. Ma prima che tu passi Lunigiana ritroverai il marchese Franceschino, e con dolce latino li di’, ch’ancora in lui alquanto spero, e come lontananza mi confonde. Prega T ch’io sappia ciò che ti risponde.