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chiamato divino per derisione». Tal movimento di reazione devesi innanzi tutto, com’è noto, a Gaspare Gozzi che al Bettinelli rispondeva con la sua Difesa di Dante, e fra le voci diverse suonava potente quella dell’Alfieri. «Dante per lui dovea essere il restauratore del carattere nazionale, ed infatti con l’Alfieri gl’italiani nella letteratura, nella politica e nel vivere molle prendono coscienza di sé, e negli studi danteschi cui li richiamava quel grande, si predisponevano a liberarsi dall’imitazione francese e dal tedesco servaggio»! 1 ). Quindi seguiva una schiera numerosa e splendente di nomi eletti: il Monti, per cui «la letteratura dantesca entrò nelle scuole italiane e per molti anni ne innamorò la gioventú»; il Foscolo, che «mente sintetica e degna del suo soggetto, in quel suo magnifico Discorso sul testo della Divina Commedia tratta di tutte le questioni che erano in campo a’ suoi di, e ne assottiglia l’interpretazione col richiamare le menti alla storia de’ tempi, alle altre opere dantesche e alla connessione di tutto ciò con il poema»! 2 ); e l’Arrivabene, il Cesari, il Perticari, lo Scolari, il Rossetti, il Marchetti, il Missirini. Era, quindi, naturale che, pubblicatasi l’opera del Troya, sollecita fosse l’eco in consensi e dissensi intorno alla tesi generale, chiamando cosi quella che può riassumersi nell’affermazione che il veltro fosse Uguccione, ed a qualcuna delle tesi particolari pronunciate o sostenute dall’autore. E una disputa viva si accendeva nell ’Antologia di Firenze, disputa che ha importanza considerevole non solo perché la prima fortuna d’un’opera ci mette in condizioni di valutare il grado di corrispondenza sua allo spirito ed alle tendenze del tempo, e per la conoscenza del pensiero e delle opinioni di coloro, ingegni fra i migliori d’allora, che ad essa presero parte, ma anche perché, conosciuta e seguita dal Troya, lo spinse ad altri scritti in cui tornò alla trattazione di argomenti piú o meno ampliamente nel Veltro giá svolti, ed a risposte a coloro che l’avevano contraddetto con le quali ha precisato maggiormente il pensiero proprio; e perché, infine, lo possiamo dire giá da ora, furono al Troya rivolte subito sn\V Antologia alcune fra le piú gravi obiezioni, che, piú tardi, da altri richiamate o ripetute, ebbero maggior fortuna. (1) U. Micocci, La fortuna di Dante nel secolo XIX\ in L’Alighieri, a. II, p. 79. (2) Ivi.