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conquistata dai barbari, conveniva far conoscere questi barbari ed imbarbarirsi insieme con essi. Credo peraltro che sarò solennemente fischiato con questo mio primo volume, il quale mi ha costato e mi costerá tanta fatica. Non importa: io sarò il primo a fischiare me stesso, e spero si possa da me vivere in santa pace cogli altri fischiatori. Vi assicuro che se non volessi avere una certa stima di me stesso, mostrando un certo coraggio a vincere le difficoltá e le noie di questo primo volume, avrei giá lacerato tutto. Misera condizione dell’uomo, che, dopo aver tanto durato e faticato, non ottiene altro se non d’annoiare sé medesimo e gli altri.

Supponendo ancora ciò che non si deve supporre, che il libro cioè abbia fortuna, l’avrá presso poche persone: gli altri certamente non si vorranno impaludare in una simigliante lettura. Ecco perché vi scriveva in altri tempi d’invidiare la sorte di Botta, si perché vorrei sapere scrivere com’egli scrive, si perché le sue istorie parlano di persone vive ad uomini vivi. Colletta, il quale certamente non avrá la stessa magia dello stile di Botta, sará piú forse ricercato, perché le passioni da lui toccate sono anche piú recenti di quelle del Botta. Ma si lascino questi mali umori dall’un dei lati, e si pensi a proseguire il lavoro. Quanto mi piace che voi siate in Napoli ora che vicino è il termine in cui dovrá cominciare a pubblicarsi!... Addio, addio! 1 ). Napoli, 19 agosto 1834.

(1) Nella lettera (*7) del 19 settembre 1835 da Napoli, il T. loda una novella della d’Altemps che ha ricevuta, ma esorta l’autrice ad attendere a scritti di maggior mole e maggior importanza: «...scrivetemi che ormai state ordinando le Vite degl’illustri romagnoli: cosa che vi fara certamente piú onore.» In quella (28) del 17 novembre 1835 da Napoli ringrazia di libri che gli sono stati spediti, e ne richiede altri che gli occorrono.