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XIX

Mia cara amica, ... Mi hanno fatto arrossire gli errori di stampa commessi nella vostra Marcella. Grande umiliazione certamente! Ho consegnato a Liberatore i nuovi quattro errori da voi scoperti; e questi mi ha consolato un po’, perché a voi medesima erano sfuggiti.

Si è stampato un mio lungo articolo sul veltro nel Progresso, articolo che risponde a tutto e a tutti. Liberatore mi dice di essere assai contento. Dico che, ormai, è una vanitá il voler sapere chi sia questo veltro, ed è una miseria, il voler tormentare la storia; che io ebbi il torto d’intitolare il mio libro Del Veltro; che sono apparecchiato a creder quello che si vuole di questo veltro, ma che per amor del cielo non si tormenti la storia. E l’articolo è intitolato Del Veltro dei Ghibellini, per far conoscere quanto m’importa poco il sapere se questo fu anche il veltro di Dante.

Vorrei un gran piacere da voi, ed è che traduciate nel vostro buon italiano le quattro egloghe di Giovanni di Virgilio e di Dante, le quali non sono state mai volgarizzate. Ne vedrete notabili estratti nel mio articolo. E potrete andarle stampando nel Progresso. L’edizione migliore è quella di monsignor Dionisi, che giá voi vi faceste dare dal signor Luigi Cardinali, per mezzo di M. Vernede; e stanno nell’aneddoto IV. Ve le dovreste far ridare con lo stesso mezzo, e notarmi, in una vostra lettera, tutte le noterelle antiche, o le glossule, che furono soggiunte alla prima egloga di Dante, la quale comincia: «Vidimus in nigris, albo pallente, lituris». Potreste notarmi la parola solamente dell’egloga, cui corrisponde la nota, e la nota stessa, perché ho giá l’egloga bella e stampata, ma senza