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IX

Mia buon’amica, Ormai sento che io non so viver bene se non in Roma, tranne l’estate; per ora egli è impossibile di parlarne a mia madre, ma, io penso di farvi una visita in gennaio... Mi piace sommamente che in questa generale sovversione d’idee, vostro fratello abbia fatto in Cesena il suo dovere: risposta la piú nobile, ch’ei poteva dare ai suoi detrattori e calunniatori. Un uomo onesto, qual egli è, non dovea posporre il dover suo di mantenere la tranquillitá e la pace nel suo paese alle vane teorie e alle stolte speculazioni dei giorni nostri. So che il conte Eduardo sará scomunicato dai molti che ripongono tutta la felicitá pubblica nei turbamenti popolari e nelle agitazioni cittadinesche; ma che rileva? Ormai la testimonianza della nostra coscienza dev’essere tutto per noi, ed io non saprò mai che lodar vostro fratello di essere stato la principale cagione della quiete di Cesena.

Ricevo in questo momento una carissima lettera di Gabriele mio da Firenze; dove mi assicura delPamor suo e della sua stima: questa sola mi basta, se anche coloro i quali mi erano amici si volessero tutti allontanare da me. Mi dice anch’egli il mio Gabriele, «che le sue sventure gli hanno tolto dinnanzi agli occhi qualunque prisma d’illusione mondana». Ed aggiunge altre cose, le quali sono pienamente secondo ii cuor mio ed il cuor vostro, e certamente, si come veggo dalle opere, sono secondo il cuore di Eduardo. I codardi, pel contrario, quelli che piú s’accovacciano e tremano pel tremar d una foglia, sono quelli che hanno la parola piú alta e risoluta,