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VII

Mia pregiatissima amica, • La nuova felice, che in nome vostro mi ha dato Liberatore, doveva essermi, e mi è stata di tanto piú cara, di quanto a me piú importava il vedere liberi il corpo e la mente della mia amica. Ed eccomi ora giunto alla sommitá dei miei desideri! Eccovi arricchita di una graziosa bambina! Tranne le cure materne, voi non avete piú nulla che possa impedire i vostri studi, dai quali sol che vogliate ho sempre detto e dirò che può provenire nome a voi e onore a tutta l’Italia nostra. Io sono dunque doppiamente lieto, ed ormai potremo ripigliare, quando sarete del tutto guarita, l’usato nostro carteggio. Per ora non è necessario che vi affatichiate a rispondermi: fate solo che io sappia da Liberatore le cose vostre e del conte Eduardo: e, se la piú cara speranza, che io possa nutrire nel petto, non dev’essere bugiarda, fate ch’io vi vegga in Napoli alla bella stagione. Questa si che sarebbe gioia; questa sarebbe luce che saprebbe diradare le fitte tenebre del viver mio e porre alcun termine all’esilio mio doloroso. Se voi sopraggiungerete cosi opportuna e cosi desiderata come pur siete, in compagnia di don Giovanni e delle vostre bambine, per passare fra noi qualche mese, io ben perdono alla fortuna le ingiurie, che, da un anno a questa volta, essa mi sta facendo. E siate pur certa che io dico vero, di sorta che a voi dovrebbe pur sorgere il desiderio di vedere la nostra cittá, e disporre in tal guisa le cose, che nel mese di maggio possiate porvi la via fra i piedi. Son sicuro che in quel mese la stagione sará cosi amica e ridente, quanto finora è stata severa e crucciosa. Io ne ho molto sofferto, come vi scrissi piú di una volta; massime nel mese di gennaio: e ne ho tanto piú sofferto quanto