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II

Pregiatissima amica, La vostra lettera del 13 mi è cagione di dolore si per le nuove della non ristorata sanitá di don Giovanni, e si pel silenzio che dura intorno alle cose del nostro conte Eduardo. Al primo spero che senza fallo gioverá la campagna: che si può intanto sperare dell’altro? Non tralasciate, vi prego, tutte le volte che ne avete il destro, di dire al conte Eduardo quale sia la stima e l’amicizia d’un uomo, cui la lontananza non toglie di ricorrere sovente col pensiero colá nei luoghi sull’Adriatico. A don Giovanni direte altresí che duoimi del suo male; che io lo saluto affettuosamente; che mi confido in breve di avere migliori notizie di esso.

Fin oggi, nulla per la Marianne: e mi è grave che nel giorno 20 di questo mese io non sarò in Napoli per assistere alla rappresentazione dell ’Alfredo. Ancor io dalla mia famiglia sono costretto di andare in villa per un quindici giorni; e vo appunto stasera. Avrò nondimeno fedeli ragguagli (dei quali vi farò parte) di quella rappresentazione. Tranne la Tessari e Prepiani, mi narrano che la nostra compagnia non valga gran fatto: se ciò è vero, spiacemi, e potrebbe nuocere al buon successo, che desidero all ’Alfredo. Il credereste? Non ho ancora veduto i teatri di Napoli, eccettuato quello del Fondo: quivi sono stato ieri sera per godere di un nostro componimento nazionale, del primo atto cioè del Socrate immaginario. Da questo che io vi dico, giudicate qual vita io mi viva. Io fo di essere lieto nella mia solitudine: i conforti dell’ultima vostra lettera contribuiranno molto ad un’opera, che non è una delle piu facili. Vi ha dei vecchi amici dai quali sono divelto, e ve ne ha dei nuovi, l’assenza dei quali non è meno dolorosa per me. Cosi potessi riabbracciargli, e il piò tosto!