Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/279

tera che dispregiava il gallume fra noi nati su questo suolo, in qual lingua credete voi fosse scritta? Fu la lettera scritta in francese: donde potete rettamente far giudizio del Malvica. Per ciò che riguarda il duello, io non saprei conchiudere meglio la questione, se non coi versi di Alfieri: Ogni scrittor sicura vuol sua pancia il duellar dannando, ma di ciò parli sol chi, da paura sciolto, impugnò pria della penna il brando. Si persuada il Malvica che cosi è, che non si può fare abilitá di parlare intorno a tale argomento se non al colonnello Pepe, o a qualunque altro avesse per singolare o per pubblica tenzone saputo impugnar la spada.

Aspetto con estrema impazienza d’intender quello che avreste voluto dirmi nella vostra ultima lettera e che nondimeno avete serbato per un’altra. Parlatemi molto di voi e delle cose vostre: parlatemi dei vostri studi: un’altra volta io vi dirò quali vorrei che fossero quelli degli italiani, e quali i vostri. Non vi offendete se io atta vi reputo a procacciar lode a voi e alla nostra terra dolcissima: posso ingannarmi; pur voi dovete mettervi alla prova. Nella mia solitudine, io non tralascio il lavoro delle istorie: mi sembra di avervi detto che comincio da Carlomagno per voler finire alla morte dell’Alighieri. Vi sará un libro di introduzione, ove si tratterá dei longobardi; spero fra un paio di mesi che sará bello e compito: spero che fra un tre mesi possa inviarvene il manoscritto. Sia questo un segreto commesso alla vostra fede: voi leggerete lo scritto, e me ne parlerete come amica severa e vaga del mio meglio. È quella un’epoca oscurissima, donde per altro gli italiani d’oggi attingono le origini loro. Addio, amica pregiatissima; mille saluti a don Giovanni ristabilito: ditemi se andrete presto in villa. Rammentate il mio nome ai vostri amici, datemi nuove del vostro essere sana: e credetemi pieno di stima ed amicizia vostro, ecc. Napoli, 8 aprile 1826.