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Non è giá che la sorte degli altri sventurati non siami a cuore: ma quei quattro mi rendono affatto infelice: né di ciò voi sarete per maravigliare. Vi ringrazio intanto, mia buona amica, della cura cortese con cui mi avete chiesto le loro nuove: ve ne ringrazio con vivissima riconoscenza. E voi ditemi, che fa il conte Eduardo? piú le sciagure l’opprimono, piú ei si mostra magnanimo. Io sono ancora tutto allegro per due o tre scene del marchese Ugo, le quali mi fecero gridar pel piacere. Senza dubbio, vi ha delle correzioni a doversi fare, ma in tutto il lavoro mi sembrò scorgere in generale i costumi dei mezzi tempi. E sarei contentissimo se poteste dirglielo in nome mio, come di cosa veramente sentita da me e non proferita per vezzo. Parlategli, vi prego, della mia stima e del mio rispetto per lui: ben vorrei che la Marianne piacesse. Pure ancora non si parla di rappresentarla: questa mattina sono stato al teatro per farne motto al signor Prepiani, ma egli è indisposto, ed io noi vedrò che domani o doman l’altro. Del rimanente siate sicura che la rappresentazione delle cose del conte Eduardo non potrebbe lasciar si freddi gli spettatori, come farebbe una delle cose piú corrette e meglio ordinate del Varano, di cui mi avete toccato. Il Varano ha molti numeri poetici, ma gli manca la scintilla, senza la quale non si può vivere lungamente. Piacemi nella vostra lettera che abbiate rammentato le prime glorie del teatro italiano, il quale certamente fu bello innanzi che il francese venisse in onore: ma tal è il danno e la colpa di questa nostra dilettissima terra, che sempre agli stranieri debba far plauso, e dimenticare sé stessa. Sui uescit, dice di essa un mio amico. Vi so mille gradi della ghiottissima descrizione che mi avete fatta del Malvica siciliano: egli è certamente quel desso il quale fu in Bologna innanzi che io vi andassi. Di quivi si spiccò in pellegrinaggio per conoscere in Fusignano la contessa Perticari: tornato pieno di divozione, scrisse a lei una lettera, ove biasimava forte il mal costume di alcuni italiani che ignorando la loro lingua non curano se non la francese. Or questa lettera d’italiano uomo parlante a italiana donna in Italia, questa let-