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piú crudi ed ostinati nemici, quando si fanno a tentare un qualche accordo. Ed ecco i siciliani, pel danno di un indugio fatale si, ma non piú lungo di un mese, respingere il conseguimento legale d’ogni lor politico desiderio, ed insorgere contro il re, in onta della costituzione, che a lui soltanto e non ad altri concede poter convocare i rappresentanti la Sicilia. Or che dirá il parlamento, non aperto in nome del re a Palermo? È fama che un principe di Coburgo vi sará gridato re: uomo straniero del tutto all’Italia e d’animo teutonico inglese: uno de’principi, che l’Inghilterra sovente ha fra le mani, e che riuscirá un fido legame tra essa e la Sicilia, or che i prodotti dell’Indo e del Gange riprenderanno con celeritá pressoché favolosa il cammino antico; la cui mercé furono possenti e ricche le cittá d’Italia, e Venezia si vide signora del mare per lunga etá. Questo avverrebbe se un Coburgo fosse chiamato a seder sul trono di Federico III; e bene, al pari di lui, potrebbe anzi minacciare tutta l’Italia dall’isola, i cui padroni da Belisario in qua mossero sempre d’indi ad assalirci. S’egli è straniero, farebbersi a dire i siciliani, siam noi caldi amatori della nostra Italia; ed egli sederá in nome nostro nel congresso della lega italica senza esservi bisogno di Napoli. Or si vegga l’illustre principio, che avrebbe questa lega, se gl’italici stati dovessero in due rompere il regno delle Sicilie; tenuto da essi per legittimo fin qui! Per non offendere il principe novello di due milioni siciliani, s’avrebbe a violare il diritto del re di sei milioni napolitani, ed introdurre gli ambasciatori del piccol numero per osteggiar quelli del maggiore nel consiglio anfizionico d’Italia? Sorgano adunque i genovesi ed i pisani; sorga qualunque cittá si dice offesa ne’ suoi diritti antichi, e mandi pure in Roma i suoi anfizioni: tornino i municipi tutti del medio evo, ed espongano al congresso la loro storia, cosi vuoisi nell’isola di Sicilia, cosi l’Italia s’unificherá in una salda colleganza de’dritti e degli animi!: cosi finalmente gli oratori di Sicilia, mentre s’insulta senza necessitá la cittadella di Messina e non può venirsi a capo d’una tregua durabile fino alla deliberazione de’ due parlamenti, porgeranno in tal consesso la mano a quelli di Napoli!