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del veltro allegorico di dante 13


segnò ad un Ranieri di Carpigna la fortezza della Faggiola. Poscia si accrebbe insieme, declinò insieme la prosperitá dei conti di Carpigna e dei Faggiolani: comuni furono alle loro case i nomi, le divise, le insegne.

V. Manfredi non trascurava di soccorrere ai ghibellini di Toscana, e di tener vive le reliquie della parte imperiale in Romagna. Non poco avverso gli era il pacifico Alessandro IV succeduto all’animoso Innocenzo IV. Ezzelino di Romano, proseguiva il corso delle sue vittorie (1258), aspirò infine alla conquista di Milano: e sembrava che nuovamente le cose d’Italia si volgessero a senno dei ghibellini. Pur in Firenze venne fatto ai guelfi di scacciarli dalla cittá e di recarsene il governo alle mani: gli Uberti, fra i quali Farinata, non pochi degli Scolari, alcuni dei conti Guidi andarono esuli a Siena: in breve, non aspettata saetta uccise Ezzelino (1259), ed atroce supplizio pose fine al vivere di suo fratello Alberigo (1260). Liberata da Ezzelino, Padova si annoverò nella parte di Chiesa e s’impadroni di Vicenza; Trevigi e Feltre ritornarono ai guelfi, quella rimessa nel godimento delle sue proprie leggi, questa venuta in balía dei vescovi che se ne fecero signori. Ma tosto ai ghibellini procacciarono intera vittoria gli aiuti del re Manfredi e l’antivedere di Farinata. I guelfi di Lucca e di Firenze, uniti a quei di Pistoia ed ai bolognesi e ad altri loro ausiliari, si accamparono sull’Arbia non lungi da Siena. Le passioni civili aveano sospinto gli uomini delle medesime famiglie parte nell’uno, parte nell’altro esercito: Guido Guerra VII, prole di Marcovaldo dei conti Guidi, seguitava le bandiere dei guelfi: suo cugino Guido Novello, figlio di Guido e conte di Poppi, quelle dei ghibellini. Alla pianura dell’Arbia sovrasta il colle di Montaperti: quivi si appiccò la battaglia e fu tale che tanta strage di guelfi non si era fatta giammai (1260). Stuolo innumerabile di cittadini fuggirono di Firenze; sono fra essi da ricordare Bellincione avo dell’Alighieri, e Geri del Bello suo consorte (Inf. XXIX, 27). Il conte di Poppi occupò la cittá in nome del re Manfredi; pubblicati i beni e disfatte le case dei guelfi. E giá vinceva di