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quei romani trasporta le nostre passioni a quei tempi: di qui fra le altre cause procedono quei tanti romanzi e quei cosi storti giudizi sulla storia dell’ottavo secolo, ai quali ella fa mirabilmente la guerra nella sua Storia: le passioni attuali risguardo alle cose di quel secolo medesimo sembrano rassomiglianti a certe altre passioni, delle quali Bacone diceva: «Magis scenae quam vitae prosunt».

2. Desidero in secondo luogo che la parola «schiavi» si tenga in serbo solo per dinotare la «schiavitú» antica dei greci e dei romani: e che la parola «servitú» si adoperi unicamente per accennare la «servitú» germanica e longobarda; oh! quanto diversa dalla «schiavitú»! Nell’una, l’uomo aveva perduti e i dritti della cittadinanza e i dritti dell’umanitá: nell’altra, egli godeva di questi, era padre e marito, aveva peculio particolare; e non di rado aveva servi egli stesso... Modum frumenti aut pecori aut vestis... et hactenus servus paret: fin qui, né oltre, ubbidiva il servo; fin qui per dritto comune giungeva la servitú germanica.

Ella comprende assai bene che da siffatti due «postulati» può venir gran luce alla nostra discussione. Sette dubbi ella mi propone intorno ad essa nella sua lettera del 19 novembre. 1. Le leggi 37 e 74 han bisogno di una «piú intrinseca» spiegazione; 2. Lo stesso bisogno havvi per la legge 390 dei «gargangi»; 3. San Gregorio era ben uomo da non temere di cambiare le superinscriptiones nello scrivere alle cittá conquistate dai longobardi; 4. Teodota nata ex nobilissimo Rotnanorum genere; 5. Come le professioni di legge romana si moltiplicarono tanto nei paesi longobardi appresso la conquista di Carlomagno?; 6. Se i possessores d’Italia divennero «aidii», che cosa dunque divennero i non possessores?; 7. Lettera dell’esarca Romanus a Childeberto re. Io non risponderò nell’ordine stesso, ma secondo che me ne verrá il destro, a ciascuno di questi sette dubbi. Gli «schiavi» romani fecero assai migliore la loro condizione allorché divennero «servi» dei longobardi: ma gl’ingenui romani possessores (fra i quali vi erano i «nobilitati» cioè