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dei primi popoli barbarici 143


i suoi trionfi stimavansi stranieri a’ romani. Gli ordinamenti guerrieri de’ goti, le loro corti dell’onor militare, i premi e le pompe de’ millenari faceano vie meglio conoscere a qualche romano da quanta e quale altezza fosser caduti dopo la morte d’Odoacre, re degli eruli; e come ora nella sostanza delle cose il goto gli avesse per imbelli e femminei stuoli: superba offesa, che invano Cassiodoro tentava dissimulare o coprire d’un qualche velo agli occhi de’ suoi concittadini. E certamente né Liberio né Simmaco né Boezio né alcun di coloro, in petto a’ quali non erano spente al tutto le virtú antiche, applaudivano alle dolci parole di Cassiodoro; fremevano anzi al fiero insulto d’ascoltar tuttogiorno dalla sua bocca d’avere i discendenti di Romolo a contentarsi non d’altro se non dello studio delle leggi e del foro. L’esempio di Liberio e di Boezio dimostra quanto sia vana la sentenza di chi pensa, che tutto il senato ed il popolo intero vivessero lieti d’essere affatto esclusi dal maneggio dell’armi, e che i goti, padroni veri delle cose, riputassersi vili da’ romani, come se fossero mercenari gladiatori.

L’innato desiderio, che aveano i goti, di tenersi dappiú de’ romani, esplicossi nelle Gallie col divieto delle nozze tra’ due popoli. Un tal modo potea giudicarsi meno acerbo dell’altro praticato in Italia, e sembrava giusto, perché l’imperatore Valentiniano era stato l’autore di quel divieto; ma non torna in prò della razza vincitrice lo starsene sempre ritrosa per orgoglio e solitaria nel mezzo della vinta. I visigoti perciò, dopo aver alquanto durato, abolirono il divieto, e formarono un popolo solo col romano. Pur tuttavolta la memoria della passata grandezza, la gratitudine de’ romani per essersi finalmente accomunate le nozze, le imprese di don Pelagio e le vittorie su’ mori meritarono a’ goti l’onore, che dalla posteritá si chiamasse hidalgo, cioè figliuolo di goto (di ciò parlerò in altro volume), chiunque per nobiltá o per valore sovrastasse agli altri nella Spagna. Per lo contrario, i franchi ed altri nemici de’ visigoti dettero il nome di cagoti, ovvero di cani goti, a quelli che rimasero sotto il loro dominio nelle Gallie.