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tuto più acconciamente largheggiar nell’Inferno. Ma, non potendo nelle due cantiche giá pubblicate, trattava egli nell’ultima delle cose avvenute dipoi, e di quelle per le quali al Visconti e ad altri principi ghibellini non valse il professar fede ortodossa, onde schifar le sentenze del Cardinal del Poggetto. Contro siffatte pratiche o contro simili abusi di quei tempi disfavilla di zelo il principe degli apostoli nel canto vigesimo settimo: e qui pare che avesse il poeta ripigliato la tela del Paradiso interrotta da’ suoi studi sulla storia delle italiche fazioni; qui egli nell’estremo anno della sua vita richiamò le ultime forze per terminare la sovraumana epopea della Divina Commedia. Né la speranza, quantunque sempre gli avesse mentito, lasciava di perseguirlo: ed in mezzo agli acri rimproveri contro il caorsino pontefice Giovanni XXII, Dante sospirava nuovamente un liberatore, il quale avrebbe tosto salvato Roma e messo fine agli scandali che affliggevano la Chiesa di Dio (Parad’. XXVII, 61-66). Estinti Arrigo VII ed Uguccione della Faggiola, sopravenute le cagioni per le quali Dante fuggi la corte di Can della Scala e piú oltre non gl’inviò i tredici ultimi canti del Paradiso, egli è difficile il sapere chi possa mai essere il nuovo soccorritore. Il padre Arduino sospettò non solo che fosse Ludovico di Baviera, il che si può credere di leggieri, ma il sospetto gli apprestò ampia materia dei suoi sogni eruditi e delle sue dottissime febbri; facendogli vedere in questo semplice annunzio di un salvatore predetta la storia intera del bavaro dopo la morte di Dante. Donde conchiuse, che la Divina Commedia non è dell’Alighieri; e che la scrisse molti anni di poi un frate avverso alla corte di Avignone. Io consentirei di buon animo al padre Arduino che Dante accennò del bavaro, se costui avesse fatto solamente le viste di voler venire in Italia: ma Ludovico, finché visse il poeta, lungi dal sollevarsi a tanta speranza, potè appena ed a gravi stenti difendersi da Federigo di Austria. Mi sembra dunque che parlò il poeta (se non di Matteo Visconti) di Castruccio Castracani; Tesser questi si prossimo ai fiorentini, e l’aver cominciato Tanno scorso a romoreggiare contro essi poterono piú facilmente incoraggiar