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venne facilmente di Lombardia in Romagna; ivi trovò estinto Scarpetta degli Ordelaffi, non ancora compiuto l’anno dalla liberazione di esso. Dalla Romagna Dante trasferissi a Gubbio, che all’esempio delle altre cittá guelfe riaccoglieva i suoi esuli ghibellini; e vi ritornava con essi da Viterbo, dov’era stato podestá. Bosone Raffaeli. E vi ha ricordanza non dubbia che l’Alighieri, o che il vincesse la noia dell’esilio e dell’insolente pietá dei grandi, o che alla mente travagliata dalla fatica del poema cercasse riposo nella solitudine, visitò la badia camaldolese di Fonte Avellana, detta di Santa Croce, a venti miglia da Gubbio.

S’innalza il monistero sui piú diffícili monti dell’Umbria. Gli è imminente il Catria, gigante degli Appennini; e si l’ingombra che non di rado gli vieta la luce in alcuni mesi dell’anno. Aspra e solinga via tra le foreste conduce all’ospizio antico di solitari cortesi, che additano le stanze ove i loro predecessori albergarono l’Alighieri. Frequente sulle pareti si legge il suo nome: la marmorea effigie di lui attesta l’onorevole cura che di etá in etá mantiene viva in quel taciturno ritiro la memoria del grande italiano. Moricone priore il ricevè nel 1318: e gli annali avellanensi recansi ad onore di ripetere questo racconto. Che se lo tacessero, basterebbe aver visto il Catria e leggerne la descrizione di Dante (Farad. XXI, 106iii) per accertarsi, ch’egli vi ascese. Di quivi egli, dalla selvosa cima del sasso, contemplava la sua patria, e godeva di «lire che non era dessa lungi da lui (ibid. 107). E combattea col suo desiderio di rivederla; e, potendo ritornarvi, si bandiva egli stesso di nuovo per non soffrire l’infamia. Disceso dal monte, ammirava i costumi antichi degli avellaniti; ma fu poco indulgente coi suoi ospiti, che gli sembrarono privi delle loro virtú (ibid. 113-120). A quei giorni e nei luoghi vicini a Gubbio sembra che si debba porre l’aver egli dettato i cinque canti oltre il vigesimo del Paradiso. Imperciocché nella menzione che fa di Firenze allorché nel vigesimo primo parla del Catria, ed in ciò che dice nel vigesimo quinto del voler ei prendere sul fonte del suo battesimo la corona poetica, ben si ravvisa