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valiere Nicchioli ricavò a pena la metà della cambiale firmata da vero.

Enrico non voleva darsi a niente; e le cento lire, che s’era tenute in tasca invece di pagare la retta della camera, gli bastarono poco più d’una settimana. Egli non poteva fare a meno delle sue abitudini, e andava sempre anche a quella bettola. Là si doleva, e attribuiva a Niccolò la sua miseria. La gotta lo perseguitava e s’era ridotto molto male. Alla fine, si dette a fermare tutti i clienti più ricchi della libreria, chiedendo qualche lira. Essi, dopo le prime volte fingevano di non vederlo e si scansavano; e, se erano in più d’uno, gli facevano capire che non potevano dargli retta, prima che s’avvicinasse. Ma Enrico era capace d’aspettare e di seguirli, finchè, sopraggiungendoli, quando credeva il momento opportuno, li costringeva almeno ad ascoltarlo. Diceva, quasi sempre:

— Niccolò non s’è vergognato a mandarmi via e m’ha tolto tutto quello che avevo. Lo divorerei vivo con il mio odio.

TOZZI. Tre croci. 12