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392 | nota |
Noterò ancora che ciascuna parte di questo trattato non è, in fondo, che la dichiarazione dei versi di due sonetti e di una strofe. Ecco infatti il sonetto che risulta dalla riunione dei vari versetti dell’Angoscia:
Nipo e Socrate
— Che cosa è donna?— Fumo ed ombra vana,
furor, superbia e mar di venti pieno. —
Chi la governa? — Non ha legge o freno,
ragion non teme, né gli è cosa umana.
— Ha guida? — Sì, sfrenata voglia insana. —
Quale sua arte?— Empir d’inganni il seno. —
Che cibo a’ servi dá? — Dolce veneno. —
Il studio suo qual è? — Pompa mondana.
— Che fa con essa? — Altrui lega e scioglie. —
Di che trionfa? — Di dolci cor d’amanti. —
Chi la nutrisce? — L’amorose spoglie.
— Che arme adopra? — Parole, cenni e canti,
e risi e sguardi. — Che frutto ricoglie
chi l’ama? — Infamia, morte, angoscia e pianti.—
Ecco il sonetto che risulta dalla riunione dei vari versetti della Doglia:
Nifo e Socrate
— Che cosa è donna? — Furia proterva;
carca di fausto e di superchio sdegno;
padul di morte, ed ha col serpe regno;
qual nascosto venen in bocca serva.
Astuta volpe, che sempre l’uom snerva,
e, dove il piè non può, porta l’ingegno;
ventre d’inganni e di lussuria pregno,
pungente spino, d’ossa, carne e nerva.
Animal che non sta fermo o costante,
onor disprezza, a l’appetito cede,
volubil sempre, vagabondo, errante.
Falace e vana, inimica di fede,
suave fuoco a consumar l’amante.
Oh, felice colui che non gli crede! —