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De institutione di L. Vives) e vennero ad avere, specialmente nell’epoca
della reazione cattolica, un’enorme fortuna. Fanciulle, spose,
vedove, monache, vecchie, tutte ebbero il loro trattatista morale,
troppo spesso noioso, sempre interminabilmente prolisso. Vere
opere d’arte invece ispirò lo scopo di dare le regole e le norme
della perfetta bellezza muliebre e quello di insegnarle i mezzi per
conservarla ed accrescerla. I ritratti del Trissino, il Dialogo delle
bellezze del Firenzuola, La bella donna del Luigini sono i piú
cospicui trattati circa le doti físiche della donna. Infiniti sono poi
i ricettari galanti, ne’ quali i belletti, le pitture, le acque, le stufe,
tutta l’alchimia insomma della muliebre bellezza viene codificata;
la quale trova la sua piú compiuta sintesi in quei Secreti del
signor I. C. di Isabella Cortese, che potrebbero servire eccellentemente anche alle signore dei nostri giorni.
L’arte poi di piacere e di avere «bella creanza», il galateo mondano piú squisitamente raffinato, lo ebbe il Cinquecento nel Dialogo di Alessandro Piccolomini.
Circa i trattati probrosi, basterá appena citare la quantitá strabocchevole di Lamenti contro le cortigiane o delle cortigiane stesse, onde fu pervasa l’Italia, specialmente dopo la terribile propagazione di quel male, che il Fracastoro cantò in eleganti esametri. E a questi lamenti tenevano bordone tutti quei libercoli, che il Garzoni tardivamente assommò nell’Admirabile cornucopia consolatorio, intorno alle disgrazie maritali.
La scelta fra tutta questa disparata congerie di lavori, fra tutto questo guazzabuglio, dove l’idealitá si mescola col desiderio fremente, dove le misure della fisica bellezza s’intrecciano con le ricette per ben fare il belletto, dove le norme morali vengono interrotte dai lamenti della cortigiana ferrarese o del tribulato Strascino, non fu nè presta nè agevole. Ma, poiché la parte speculativa trova posto in altri volumi di questa collezione, il curatore pensò di dar luogo in questo a quelle produzioni intorno alla donna, scritte circa la prima metá del Cinquecento, le quali offrano un esempio delle composizioni didascaliche fisiche e morali, ed anche di quelle scatologiche, che tale secolo produsse. E, siccome non si trattava di riprodurre noiose filotee oppure rigide trattazioni cispose, che noiosamente ripetessero lo stesso motivo morale, il criterio informativo della scelta fu soprattutto quello di mettere in luce opere, che siano artisticamente composte, o che all’artistica espressione maggiormente s’accostino.