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onoratissima compagnia che oggi si ragioni, facendovi di me oggetto, tosto verrebbe meno il parlare della bellezza... — E qual piú soave ragionamento — disse, interrompendo la signora, il signor Anton Galeazzo — può farsi oggi di questo? Perché non può esser di meno che il bello non si conosca per mezo dell’amore, e lo amore per mezo della bellezza, onde di due perfezzioni verrassi a ragionare ed a partecipare, né credo che ciò a veruno di noi abbia a spiacere. — Cosi è — rispose il conte Annibaie. — Ma, poiché sotto il velo di due cosí belle spoglie, quali ci ha per essempi proposte la signora Leonora, ella ha figurato gran parte del bello, che umanamente e divinamente può adornare nobile donna, questo carico tutto a lei si converrebbe. Tanto piú (e questo voglio pur poter dire anch’io, e mi sia ammesso, signora), ch’io ve ne veggio ricca posseditrice e so che il vero se n’udirebbe. — Ringraziovi, signor conte, ed infinito obligo per ciò mi vi sento — soggiuns’ella. — Questa è una delle cortesie che piú volte di voi m’ha predicato il Betussi. Bella creanza di cavalleria è la vostra! Me, povera donnicciuola, sola ed inesperta delle cose del mondo, non che di quelle del cielo, volere tutti voi insieme, e ciascuno da per sé, travagliare!

— E, voltasi verso il marito: E voi, signor mio — disse, — ve ne state cheto, quasi che l’interesse di me non sia proprio e commune di voi ancora. — Non, non — risposagli, — voi non mi ci correte nel mezo di tanti ad oppormi per voi. Voi dovevate avertir prima di non ci venire senza buona scorta. Men male è che essi tutti siano d’intorno voi con le parole, che ad amendue con le parole e co’ fatti. — Buono aiuto, a fé mia, mi porgete!

— aggiunse la signora. — Dove io sperava la luce, mi vengono le tenebre. — Poiché ognuno vi dá il torto — disse il conte da Coo — voi oggi converrete fare a modo altrui. — E che! nelle giurisdizzioni mie — rispostila — mi si ha ad usar forza? — Non v’è mio né tuo né suo, — aggiuns’egli. — Qui s’ha a vivere alla filosofica tirannide, e s’ha a giuocare che le piú voci vincano. — Parlò allora il signor Giovan Tomaso Arena, dicendo:

— E quando ognuno vi avesse ad essere contrario, il signor Bernardo, i! signor Anton Galeazzo ed io, benché sia di poca