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Coppina. Dove gli hai posti?

Maddalena. Nel forcierino, sotto quei pannilini.

Coppina. Se tu avessi ora la lettera da mano, la leggeremmo un poco, ché in vero ella è una soave letterina, ed io leggo troppo volentieri.

Maddalena. Io credo averla qui.

Coppina. Lascia vedere.

Maddalena. Non è questa.

Coppina. Che importa? Veggiamola un po’. Cotesta è delle prime:

«A chi col suon delle parole accorte mi può, scemando il mio gran fuoco in parte, far lieto in vita o fortunato in morte.

Quando io avessi potuto piú oltre resistere a quelle ardenti fiamme, le quali, senza intermissione di tempo giá molti mesi per voi mi struggono il cuore, nobilissima giovane, sicome fin qui ho provato di non scoprirle a niuno, cosí, senza darvene maggior notizia di quella che per aventura da qualche segno esteriore vi ho dato, l’avrei in me nascoste ritenute. Perché, pensando alla divinitá della bellezza vostra infinita ed alla indegnitá mia, piú sicuro mi pareva di pazientemente le mie pene in me stesso celate portare, godendo nell’essermi conceduto talora il vedere le belle maniere vostre ed udir quelle dolcissime parole, non senza speranza, quando che fusse, di pur con la mia lunga e fedel servitú farmi degno in qualche parte della grazia vostra, che, palesandole cosí in un subito, pormi a rischio di perdere colla speranza degli altri beni quel diletto che dal vedere ed udir voi traevano i sensi miei. Ma finalmente ha piú potuto in me la passione, cagionata da cosí gran fuoco, che il mio buon proposito; la quale, da debile principio in tanto cresciuta che piú di forza non può acquistare se non con mia evidente morte, m’ha spinto a pregare l’Altezza Vostra che, non avendo risguardo al mio basso merito, ma a quanto si conviene al gentile e cortese animo vostro, non voglia sdegnar la fedele ed umil servitú mia. Piacciavi adunque, gentilissima giovane,