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Tullia. Io vi aspettava bene a cotesta callaiuola, ma ella non vi gioverá, se non vorrete fare fra Curradi ed aver due visi come lano.

Varchi. Non dubitate: dico che io procedo e procederò lealmente.

Tuli.ia. Ditemi adunque: favellate voi nella vostra domanda come teologo o come filosofo?

Varchi. Come voi volete.

Tullia. Dite voi liberamente: come in veritá favellate?

Varchi. Come filosofo.

Tullia. Voi mi avete tutta racconsolata. Oh, come dubitava che non rispondeste altramente ! Oggimai voi ci starete.

Varchi. Non sará la millesima volta che io sono stato! Ma in su che voi fate tanto schiamazzo e vi ringalluzzate cosí?

Tullia. Io credeva bene e credo che Dio sia infinito, come affermavano i teologi; ma io sapeva ancora che quelli che fanno professione di peripatetici e che seguitano Aristotele, come tengo che facciate voi, dicono che Dio non è infinito, percioché niuna cosa è infinita in luogo niuno. E cosí? Séte rimaso?

Varchi. Che vuol dir «rimaso»?

Tullia. Vuol dire che voi non pensiate di avermi a mostrare lucciole per lanterne; ché voi avete detto che favellavate come filosofo e non come teologo. E non vi varrá ora, se voleste lasciare i filosofi e rifuggire a’ teologi.

Varchi. Perché non mi varrebbe egli?

Tullia. Guarda se io la indovinai!

Varchi. Voi non la indovinaste bene questa volta. Ed io ho favellato e favello come peripatetico, e vi dico che voi avete parlato santamente, e tanto dico io e credo a punto quanto credete e dite voi: che vorreste voi da me?

Tullia. Voi fate sempre a cotesto modo, mostrando che io abbia vinto da prima: poi nell’ultimo rimango perdente.

Varchi. Non sapete voi il proverbio fiorentino, che «chi vince da prima perde da sezzo»?

Tullia. Io so anche quell’altro che dice: «San Giovanni non vuole inganni», e perciò non faceste pensiero di mostrarmi la