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convenevoli al suo grado, s’aperse la strada alla sua rovina; perché, non si tosto fu udita la reina lamentarsi di lui, che i popoli credettero che egli avesse e vestito e cavalcato con tanta leggiadria per condurla alla sua volontá. I tagli adunque, le pompe e i ricami si convengano a’ soldati di oggidí, ai gran maestri, non giá a persona letterata, riputata e modesta.

Silio. Come debbo adunque vestire?

Panfilo. Di materia semplice, come di raso schietto, di velluto, di panno schietto, sanza tagli, sanza pennacchi, sanza medaglia, sanza catene e puntali. Perché queste sono alcune superfluitá sanza garbo, imitate da color che, non essendo, voglian parer qualche cosa. E però ricordati che tutti coloro che vestano altramente e con cerimonie e che si lisciano, durando tre e quattro ore per mattina a lavarsi e nettarsi, sono odiati e fuggiti dalle donne; perché, si come noi desideriamo che ella sia nell’esser suo e nelle sue maniere tutta donna, cosí all’incontro la donna desidera che lo uomo in tutte le cose sue sia perfetto uomo e compiuto, sanza che egli punto partecipi della donna. Voglio adunque che, schiettamente e da uomo vestendo, s’imiti sempre l’uso del vestir della tua donna.

Silio. Dunque volete che io vesta di colori, non essendo altro che il nero convenevole a gentiluomini che non sono in magistrato?

Panfilo. Non intendo che si debba imitar la donna ne’ colori de’ drappi, ma nella qualitá. Perché, s’ella veste velluto, e tu velluto; s’ella damasco, e tu osserva il simigliante. Le quai vestimenta sopratutto debbano esser appropriate cosí fattamente alla persona, che non si disconvenga in parte alcuna all’occhio di chi riguarda. Ma basti fin qui del vestire: tempo è che si ragioni alquanto dell’amicizia che l’amante debbe tenere.

Silio. Si, di grazia.

Panfilo. L’amante, da noi descritto cosí onesto, cosí gentile e cosí valoroso, non debbe aver amicizia se non di persone gentili, oneste e valorose, con le quai ritrovandosi possa talor, ragionando non de’ suoi affanni né delle sue letizie, ma