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ELETTRA 5

delle «Coefore»: entrano prima Oreste e Pilade, e poi si ritirano per l’arrivo di Elettra accompagnata dalle ancelle.

Notevole è anche la rigida arcaica psicologia dei personaggi. Possiamo dire che per questo lato Sofocle rincara su Eschilo. La sua Elettra non è meno implacabile di quella delle «Coefore»; e Oreste, che nel dramma di Eschilo ha pur qualche esitazione, e, sul momento di uccidere la madre, ha bisogno di rivolgersi a Pilade, e di sentirsi incorato al terribile scempio, qui non esita un istante, e lo compie quasi con indifferenza. E delle Furie vendicatrici non si fa neppur cenno.

Ma specialmente caratteristica, per questo lato, è la figura di Clitemnestra. Essa è modellata evidentemente su quella di Eschilo: è altrettanto feroce, altrettanto inaccessibile ai rimorsi, altrettanto cinica. Ma nella manifestazione di questi perfidi sentimenti, eccede ogni misura. Ha istituito danze e sacrificî proprio nell’anniversario dell’assassinio di Agamènnone. Cuopre di contumelie Elettra perché piange il padre, e perché ha salvato Oreste. Quando le annunciano la morte del figlio, non trova una parola di rimpianto, ma chiede súbito la certa notizia del fatto, e dichiara che solo adesso dormirà sonni tranquilli. Ora, questi eccessi non persuadono, non commuovono. Una madre simile è un mostro che esce da tutte le leggi umane, non interessa piú. La ipocrisia della Clitemnestra di Eschilo è un velo che nasconde una bruttura forse maggiore, ma che non esclude recisamente la donna efferata dalle possibilità umane.

Imitatore di sé stesso ci appare, invece, Sofocle nella concezione del contrasto fra Elettra e Crisotemide, che, evidentemente, è un doppione di quello fra Antigone ed Ismene. Ma nell’«Elettra» il motivo tragico è assai piú al posto. Notammo che pare eccessivo l’odio di Antigone contro Ismene, che, infine, sia pure contro la propria convinzione e contro il proprio temperamento, si schiera decisamente dalla