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68 SOFOCLE 859-891

E invoco insieme Ermète sotterraneo,
guidatore dell’anime, che me
dolcemente sopisca, e senza spasimi,
con lieve balzo, allor ch’io frangerò
il fianco mio con questa spada. Invoco
a mia vendetta anche l’Erinni, vergini
sempre, che sempre dei mortali scorgono
le pene, pie’ veloci, venerabili,
perché vedan come io, misero, muoio
per colpa degli Atrídi, e quei malvagi
precipitino all’ultima rovina,
come ora io son caduto. Orsú, veloci
vendicatrici Erinni, ora lanciatevi,
risparmiato da voi non sia l’esercito.
E tu, che per il ciel sublime spingi,
Sole, il tuo carro, allor che la mia terra
patria vedrai, rattieni l’auree briglie,
e la mia sorte e il tristo fine annunzia
al vecchio padre, all’infelice madre.
Misera, allor che questa nuova udrà,
tutta empierà la rocca d’un grande ululo.
Ma versar vane lagrime, a che giova?
Compier conviene, e senza indugio, l’opera.
O Morte, o Morte, giungi adesso, e guardami,
sebben anche laggiú potrò parlarti.
Ed a te la parola volgo, o lucido
raggio del giorno, auriga Sole, a te,
l’ultima volta, e piú mai non potrò.
O luce, o sacro suol di Salamina,
della terra paterna, o focolare
dei miei maggiori, e tu, famosa Atene,
o consanguinea stirpe, a voi mi volgo,
o fonti, o fiumi, o voi, troiani campi,