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ELETTRA 19

Schlegel in poi, alcuni dei suoi piú brillanti prodigi. Atteniamoci a un paio dei piú recenti.

Si sa bene che i critici modernissimi sono tutti filosofi. Ed anche è risaputo che un filosofo è un cacciatore di perché, di warum. Anche il signor Steiger è andato a ricercare (Philologus, 1897) warum schrieb Euripides seine Elektra.

Noi profani risponderemmo che la scrisse perché lo seduceva il soggetto che aveva sedotto i suoi grandi predecessori, e che sedusse tanti altri, grandi e piccoli, suoi successori. Ma il signor Steiger istituisce, assai piú filosoficamente, il processo alle intenzioni. E scopre che la scrisse per l’indignazione di aver visto presentar sulla scena, senza una parola di biasimo, una leggenda che repugnava alla sua illuminata coscienza; e assunse il còmpito di abbassare al suo giusto livello l’eroina che i suoi predecessori avevano fatta ammirare.

A cacciatore, cacciatore e mezzo. Il Wilamowitz cerca anch’egli il suo bravo perché; ma lo cerca alle spalle di Sofocle. Il quale avrebbe scritta la sua Elettra dopo quella di Euripide, per rendere la sua grandezza eroica e sacra ad un soggetto umiliato e profanato da Euripide.

Ora, lasciando le celie, che i drammaturghi non si vedessero l’un l’altro troppo di buon occhio, s’intende. Che non si lasciassero sfuggire l’occasione di tirarsi frecciate, è piú che naturale, e, d’altronde, comprovato. Ma che affrontassero la grave fatica di costruire tutto un dramma poetico musicale per far dispetto ad un rivale, o per confutare la tendenza d’un suo dramma, mi parrebbe assai meno ammissibile. Certo, poi, sembra piú che imprudente farne la supposizione, per fondarvi e trarne conclusioni cronologiche, o che comunque aspirino alla obiettività.

E, ad ogni modo, bisogna far quasi completa astrazione dai difetti di particolari, tanto presunti, quanto reali, se si vuol tentare una valutazione artistica del dramma. Il punto