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ORESTE 125

quando si sono ritirate ed hanno taciuto, le invita ad avvicinarsi pian piano, per poter udire, senza bisogno che alzino la voce, la causa che le ha spinte a venire. Sicché, alla evoluzione retrocedente ne segue una progrediente.

Ma poco dopo (v. 170) Elettra le respinge ancora: «Lungi da me, lungi dalla reggia non vuoi di nuovo rivolgere (είλίξεις) il piede, desistendo da ogni rumore?» — Ecco una nuova evoluzione retrocedente.

Ma, pur senza che ne sia rimasta traccia nel contesto, quasi súbito devono tornare ad avanzare, perché al verso 185 le troviamo ancora vicine al letto dell’infermo; ed Elettra le invita per la terza volta ad allontanarsi1.

Dal contesto si raccoglie dunque, senza possibile equivoco, che la pàrodos fu un vero e proprio sviluppo di un soggetto di danza. La commedia già ne porgeva esempio. La tragedia, ancora no, almeno cosí esplicito: la pàrodos dell’Edipo a Colono era di là da venire (fu rappresentato nel 401, cinque anni dopo la morte del poeta: l’Oreste è del 408).

Del medesimo tipo, ed anche piú interessante, è la danza che segue al momento in cui Oreste e Pilade entrano nella reggia per uccidere Elena. Dice la corifea:

Veglino altre di voi questa carraia,
la reggia a custodire, altre altra via.

Ecco, dunque, anche qui, un preciso tèma proposto alla danza. Si tratta di far la guardia perché nessuno si avvicini di sorpresa alla reggia. E anche qui, dal contesto si ricavano le singole evoluzioni.

Una parte delle danzatrici si volge ad Oriente, una ad Occidente.

  1. Ούχὶ... ὰπὸ λέχεος ῆσυχου ὔπνου χάριν παρέξεις; — Non c’è da equivocare: sono proprio vicino al letto.