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GLI ERACLIDI 5

gedia, quasi maschere tragiche; e ne conosciamo repliche ben superiori.

Maggior considerazione merita invece Iolao, che, posto a confronto col Peleo dell’Andromaca, lo supera di molto. La sua condotta magnanima ed eroica è contiguamente variata e mossa da una sottil vena d‘involontaria comicità, che l'umanizza e gli conferisce carattere distinto. S’illude, per esempio, che Euristeo ci tenga piú a sbarazzarsi di lui che dei figli d’Èrcole. Nel discorso con l’araldo fa proteste che hanno spiccato carattere di millanterie. Quando muove a battaglia, fa un’uscita comica che ricorda la scena delle Baccanti fra Cadmo e Tiresia, talora sin nelle battute: quando, per esempio, il servo gli dice:

Guidar devo un oplita a mo’ d’un pargolo?

Ma non è millanteria, Iolao chiude veramente in petto un cuore d’eroe, e lo dimostra; e i Numi compiono in suo favore il miracolo di farlo ringiovanire.

Esso è certo il personaggio che piú sta a cuore al poeta: ad esso è ispirato, nella narrazione, certo chiara tutta ed evidente, sebbene non possa rivaleggiare con le piú felici d’Euripide, l’unico tratto che sembra veramente circonfuso dell’azzurro ètere della poesia: la pittura del ringiovanimento di Iolao:

                                                  due
stelle sui gioghi dei cavalli stettero,
e dentro un manto oscuro il carro ascosero;
e da quella nebbiosa oscurità,
Iolao con forma giovanil di braccio
emerse.

Del resto, si trovano nel dramma, integralmente, tutte le altre caratteristiche euripidee.