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Ma, tira tira, qualche volta il virtuosismo finisce nel grottesco. Quasi grottesco è quell’Euristeo, che, dopo quel po’ po’ di servizio che in sostanza gli hanno reso gli Ateniesi, si dà cura di svelare a loro un oracolo da cui trarranno giovamento.

E fu già osservato che il contegno moderato di Euristeo che, in contrasto con la implacabile ferocia di Alcmena, guadagna simpatia a quello e ne toglie a questa, e, insieme, a tutta la causa degli Eraclidi, di cui vien predetta l’ingratitudine, sviando all’ultimo momento l’orientazione spirituale degli spettatori, certo non giova alla complessiva impressione della tragedia.

I cori, anche materialmente brevissimi (e anche questo ha la sua importanza), sono stanchi e affrettati, veri fondiglioli del lirismo gnomico che si trova un po’ in tutte le tragedie, ma quasi sempre con ben altri sviluppi. Mai che vi brilli una bella immagine, mai che vi spiri un alito lirico. E neppur questo contribuisce a sollevare il dramma degli Eraclidi.