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GLI ERACLIDI 7


Non speciale d’Euripide, bensí comune a tutti i drammaturghi ateniesi è la piaggeria verso Atene e verso il regime democratico. Ma possiamo ben dire che da questo lato Gli Eraclidi non la cedono a verun altro dramma.

Anche qui Demofonte, senza paura d’anacronismi, fa le sue brave dichiarazioni democratiche: «Bisogna ad ogni modo — egli dice — che io rifletta bene a quello che devo fare,

e ch’io dei cittadini schivi il biasimo:
che despota io non son, come fra i barbari;
ma bene avrò solo se bene adopero.

E Iolao dice degli Ateniesi:

               ben so quale il coraggio,
qual’è l’indole loro: eleggeranno
morir, piuttosto: ché l’onore ha pregio
piú della vita, presso i galantuomini.

E súbito dopo:

Basti d’Atene, ché fastidio arrecano
le troppe lodi.

E non soltanto gli amici, bensí anche i nemici sono invitati a reggere il turibolo. Anche il soverchiatore e superbo Copreo dice a Demofonte:

E non fare, com’è vostra abitudine
che mentre guadagnar puoi l’amicizia
dei piú potenti, preferisca i deboli.

Dove nell’apparente biasimo è incluso il massimo elogio; e questo è vero e proprio virtuosismo adulatorio.