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ESTER D’ENGADDI.




ATTO PRIMO.


Valle cinta di balze scoscesissime. Nel fondo della scena v’è una città tutta di tende. Da un lato sta un grande edifizio, costruito di magnifiche cortine: esso è il Tabernacolo. Sul davanti della scena si scorge alquanto una gran rupe, che toglie chi si ritira di qua da essa alla vista della città. Dalla parte opposta alla rupe, ma in qualche distanza, la prima tenda che si trova è quella di Azaria. — È l’alba.




SCENA I.


ELEAZZARO scende nella valle di qua dalla rupe: il suo passo annunzia il timore di essere scoperto.


Oh Engaddi! Oh sacra, inespugnabil valle,
Ove al Roman superbo io da Sionne
Questa reliquia d’Israel sottrassi!
Sovra te mai, se non furtivo, il guardo
Porterà dunque Eleazar, l’antico
Glorïoso tuo prode? Invan la morte
Fuggo dagl’idolatri: una non havvi
Tenda fra’ miei, che il capo mio ricovri?
Nè ad abbracciar la mia figlia, pur oso
Fino alla tenda sua spingere il piede!
Qui de’ suoi mattutini inni la voce
Ascolto e piango; e il fausto dì sospiro
In ch’io parlarle, o almen vederla io possa.
Parlarti, si! Nella tua mente il raggio
Porger del ver, che l’Uom-Iddio fe’ aperto
A’ genitori tuoi! Questa è la speme
Che qui a periglio il vecchio esul conduce!