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472 | manfredo—atto terzo, sc. IV. |
il mio proprio carnefice e lo sarò d’or innanzi. — Indietro, o delusi fantasmi! La mano della morte su di me sta — ma non la vostra! (I demoni spariscono.)
Abate. Oimé! come sei pallido! — le tue labbra sono bianche — il tuo petto anela — e nella tua soffocata gola gorgogliano gli accenti. — Porgi le tue preghiere al cielo. — Prega, sebbene col solo pensiero — ma non morire così.
Manfredo. È finito, — i miei oscurati occhi non ti vedono, tutte le cose ondeggiano intorno a me, e la terra si alza invece di stare sotto me. Addio! — dammi la tua mano. (Spira.)
Abate. Freddo — freddo — anche al cuore; — ma ancora una preghiera: — oimè! che sarà di te? — Egli è andato — la sua anima ha preso il volo incorporeo. — Per dove? tremo in pensarvi, — ma egli è andato.