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— Una mattina giravo per Milano cercando alloggio. Passando in via dell’Unione, vidi ad una porta un appigionasi, ed entrai.

«È al secondo piano, l’uscio a destra, mi disse la portinaia.

— Salii. La serva che venne ad aprire m’introdusse in un salotto, e mi lasciò dicendo:

«S’accomodi. La signora verrà a momenti.

— La prima cosa che vidi fu un cavalletto, su cui stava una tela finita, rappresentante due teste alate. Ma non erano teste di puttini. Erano due belle teste di donna, piene d’espressione e di vita. Una, pallida, con una ricchezza di capelli, di ciglia e di sopracciglia d’un bel castano chiaro e due grandi occhi color dell’ambra, dall’espressione malinconica e dolce. L’altra sembrava piuttosto la testa d’un’amazzone che quella di un angelo. Capelli nerissimi, occhi neri scintillanti, profilo grego, bocca stretta e severa, carnagione bruna, colorita, attraente.

— Erano due belle teste ed era un bel lavoro. Stavo assorto in quella contemplazione che mi appassionava come uomo e come artista, quando udii aprire l’uscio del salotto, ed una voce lieve lieve mi disse:

«È il signore che desidera di vedere il quartierino da affittare?