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Ogni tanto esclamavamo:
— Oh Dio! Sono appena le otto! Sono appena le otto e mezzo!
E cosí via, di mezz’ora in mezz’ora, finchè veniva un’intimazione superiore del nonno, sempre impensierito del nostro bene, di smettere il ricamo perchè ci affaticava gli occhi.
— Ma non sappiamo cosa fare, si rispondeva noi.
— Leggete.
— Non abbiamo libri.
— Leggete una commedia di Goldoni.
Il nostro caro capo di casa era un uomo positivo. Si occupava, o piuttosto s’era occupato di fisica, di chimica, di scienze esatte. Non amava le vaporosità sentimentali; abborriva i romanzi.
Una volta un suo lontano parente povero, ch’egli colla sua grande bontà manteneva a Torino per gli studi universitari, ebbe l’idea di scrivere un romanzo, e trovò un editore che lo stampò, forse in penitenza de’ suoi peccati.
A titolo di riconoscenza il giovine autore dedicò quell’opera al suo benefattore, e gliene spedí una copia.
È l’unica volta che mi ricordo d’aver visto in collera quell’uomo, che era l’incarnazione della indulgenza, della mitezza. Non lesse una parola;