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Però il giorno dopo Vicenzino rassicurò l'Elena. Quella sera era stanco, e triste per aver assistito fin allora un moribondo. Ma era contento della sua felicità, oh, tanto contento. La sua pallidezza e gli occhi infossati confermavano che infatti era stanco. L'Elena si tranquillò, e la sera stessa gli presentò il suo sposo.

Vicenzino fece per lei quanto aveva fatto per le altre cugine.

Soltanto, in quei giorni quaresimali, vicino alla Pasqua, colla nuova casa da ordinare, era tanto occupato che di rado poteva passare la sera cogli sposi. E mentre essi deploravano la sua assenza, egli, solo nel suo studio squallido come una cella da frate, si sforzava di leggere o di studiare, ma rimaneva sempre cogli occhi fissi senza veder nulla, mentre le lagrime gli sgorgavano sulle pagine.

Vincenzo, che giunse in paese pochi giorni prima delle nozze, trovò il cugino molto abbattuto. Ma la sua venuta fece tanto piacere a Vicenzino, che presto le traccie della sua stanchezza scomparvero. Fu soltanto un po' commosso il giorno della cerimonia nel benedire gli sposi, e dovette scusarsi di non fare nessun discorso di circostanza in causa di quel suo malessere nervoso, per cui