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— Delle novità questa sera? domandò Vicenzino all'Elena che gli era andata incontro fino alla porta.

— O, delle grandi novità...., rispose la fanciulla con un accento tutto nuovo. Egli la guardò come per interrogarla, e la vide colorita in volto, cogli occhi luccicanti, e con una bella rosa nei capelli.

— Che cos'è? Cos'è stato? È tornato Vincenzo? tornò a dire Vicenzino.

No, non ancora. Il babbo ti dirà..., disse l'Elena mettendogli una sedia accanto alla poltrona del signor Dogliani. Poi se ne andò al pianoforte che era aperto, e si mise a suonare un minuetto, con dei pianissimo che sfumavano come un profumo lieve di viola, e degli andante che parevano scoppi di risa.

Vicenzino, meravigliato di quella musica tutt'altro che quaresimale, domandò allo zio:

— Ma si può sapere che bella cosa è accaduta, che qui si fa festa?

— O, la festa non è per noi, mio caro Vicenzino, sospirò il vecchio.

Noi resteremo soli, non avrai più che questo povero vecchio infermo nella tua bella casa parrocchiale....

Vicenzino si sentì impallidire, e non ebbe la forza di parlare.

L'infermo riprese:

— La nostra Elena se ne va anche lei.

— È capitato uno sposo? disse Vicenzino tutto tremante.

— O, è un pezzo che è capitato. Sono sette anni che lo aspetta. Era nelle Indie... Vicenzino si alzò