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più che mai i suoi nervi già tesi. Quelle risate goffe, quei discorsi scuciti, offendevano il sentimento d'abnegazione sublime e grave che gli riempiva il cuore. E la fede cieca ed il fervore religioso, vero o apparente, che lo circondavano, non trovavano eco in lui. Sentiva di non aver intorno nessuno che potesse comprenderlo, e si racchiudeva tristamente in sè stesso.

La notte poi, quando tutti dormivano in quelle lunghe file di letti bianchi che parevano tombe, ed egli solo vegliava alla luce scialba d'una lanterna, che proiettava negli angoli delle ombre paurose, sotto il grande Cristo scarno che biancheggiava in alto colle braccia lungamente stese sul fondo nero della croce, gli pareva di trovarsi vivo in un cimitero, lo coglieva un senso d'abbandono e di morte, sentiva che non era più di questo mondo. E tuttavia questo mondo esercitava il suo fascino potente sulla sua fantasia; ed il povero giovane subiva lotte crudeli, tentazioni di ribellione, che lo impaurivano. E si metteva più accanito allo studio, per consacrare al più presto con un voto solenne, quella risoluzione che la foga della gioventù faceva ancora vacillare.

Appena ebbe compito il ventunesimo anno, prese il suddiaconato, e fu irrevocabilmente prete.

Allora, non avendo più nulla a temere dalla propria debolezza, si sentì più calmo. L'idea alta del dovere lo rassicurava, e potè dedicarsi con tutta la sua intelligenza allo studio. A 22 anni e 6 mesi, ottenne di ricevere il presbiterato, e