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Era un mezzo poco drammatico, ma di una tale utilità, che Vincenzo l'apprezzò altamente.

Non salì nelle nuvole come il sentimentale Vicenzino; però, appena copiata la famosa traduzione latina, corse fuori dalla scuola, impaziente di saltare al collo del suo salvatore per ringraziarlo. Ma Vicenzino non lo aveva aspettato. Egli non isperava dei ringraziamenti. Al confronto delle gesta eroiche che aveva sognate di compiere per Vincenzo, quanto aveva fatto gli pareva troppo piccola cosa. Ma era felice ad ogni modo di essersi creato un rapporto con lui, ed era corso via per la campagna, per deliziarsi con una delle sue visioni, non più fantastica ed inverosimile, ma rievocata dal vero in tutti i suoi particolari: le lagrime silenziose di Vincenzo che sgocciolavano sul foglio bianco, lo sforzo fatto da lui, Vicenzino, per avvicinarlo senza essere veduto dall'assistente, ed il turbamento e la passione che aveva posta nel compiere quell'atto tanto comune nelle scuole, dove è considerato semplicemente una burla ai maestri.

In casa Dogliani fu un gran chiacchierare dei ragazzi sul bel tratto di Vicenzino, e le cuginette lo ammirarono molto.

A pranzo il signor Anselmo domandò a Vincenzo con piglio severo:

— E così? l'esame di latino?... e crollò il capo come per dire che non ne sperava nulla.

— L'ho fatto bene! gridò Vincenzo con uno scoppio di voce. Tutta la pagina senza un errore.....