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nto per la vecchia rugine di famiglia che lo avviliva in faccia al cugino, era diventato un tormento pel suo cuore. Oh, se avesse potuto riparare quel passato!

Vedersi stendere la mano da quei parenti! Entrare in quella casa! Se avesse potuto diventare l'amico di Vincenzo!

Tutto l'anno la sua immaginazione aveva divagato intorno a quell'aspirazione, che si andava facendo più intensa, a misura che il tempo passava lasciandola insoddisfatta. Fantasticava delle scene drammatiche in cui egli con atti eroici salvava la vita a Vincenzo:

poi scene tenere che lo commovevano fino al pianto. Altre volte erano idillî buffi coi quali blandiva dolcemente la sua manía. Pensava di uscire solo, di notte, di andare sotto le finestre di Vincenzo e di cantare una serenata che aveva udito in teatro:

«Bella siccome un angelo «Ti vidi e t'adorai...

Diceva bello invece di bella, e cantava con una voce un po' falsa ed ineguale da adolescente, ma che prometteva di diventare una bella voce di tenore, e che possedeva un accento di passione assai raro nei tenori da teatro.

Copiava nei libri che gli capitavano sotto mano dei brani declamatorî sull'amicizia, e li raccoglieva in un taccuino, dedicandoli nel segreto del suo cuore a Vincenzo.

Finalmente gli esami gli avevano fornito il mezzo di dare una prova del suo affetto al cugino.