Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/286

8 io di questa mia lettera non è il difender ciò ch’io ho scritto, ma di ribatter le accuse e, mi sia lecito il dirlo, le ree calunnie ch’egli mi ha apposte. Io chieggo in primo luogo a chiunque non è del tutto sfornito del senso comune, se questa mia opinione poteva esporsi con maggior modestia e riserbo di quel ch’io ho fatto. Io non dico, come mi accusa di aver detto l’abate Lampillas, che la decadenza della letteratura debbasi al dominio spagnuolo*, dico che a ciò concorse, dico che il clima sotto cui nacquero Lucano, Marziale, ec., potè contribuire a condurgli al cattivo gusto; espressione , come ognun vede, assai moderata, e molto più che vi si aggiugne il clima congiunto alle cagioni morali, Io riferisco ancora questa opinione, come già sostenuta da altri, e in fatti da non pochi ella è stata sostenuta: confesso che la ragione ch’io reco per confermarla, parrà forse aver alquanto di sottigliezza. Se io dico che la nazione spagnuola ha avuti pochi celebri oratori e poeti, dico ancora che ha avuti tanti famosi scolastici. In somma io espongo il mio sentimento, quale esso è veramente, ma lo espongo in quel modo in cui vorrei che il sig. abate Lampillas avesse esposto il suo. Se egli non avesse fatto altro che impugnare la mia opinione, io farei plauso al suo ingegno e al suo amor patriottico. Mach’egli mi attribuisca intenzioni ch’io non ho avute giammai, questo è ciò eh’e licar, nè scusare. E veramente qual maniera di scrivere è mai gli non potrà mai nè giusti-