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2.38 LIBRO cambiala presso la maggior parie degli «criitori iu una deplorabil rozzezza. Ma l’argomento di cui ora prendiamo a trattare, è sì glorioso all Italia , che ancorché ni mi altro suo pregio potesse ella additare nel secolo XVII, dovrebbe per questo solo andar lieta e superba. Fu questo il secolo nel quale la filosofia uscì veramente dalla barbarie in cui ne’ secoli precedenti era sì lungamente giaciuta, e in cui la matematica fece sì lieti progressi, che anche dopo la perfezione a cui essa è stata nel nostro secol condotta, deesi confessar nondimeno di’ essa ne è debitrice in gran parte agl1 ingegni del secolo precedente. Or questo risorgimento della filosofia e della matematica avvenne singolarmente per opera degl’italiani, e la nuova luce sorta tra noi si andò poscia spargendo nelle lontane provincie. Se alcuni tra gli stranieri nel coltivar queste scienze superarono i nostri, e colle loro scoperte si avanzaron più oltre, non può negarsi però, ch’essi, per innoltrarsi in quel vastissimo regno, cominciarono a premere le pedate segnate dagl’Italiani. Questo è dunque il tratto di Storia che deesi da me esaminare con particolar diligenza, e mi studierò di farlo in tal modo che, ponendo nella miglior luce che mi sarà possibile le nostre glorie, io sfugga nondimeno la taccia di scrittor prevenuto e parziale. II. Io farei cosa e inutile e spiacevole a’ lettori, se dove tanti chiarissimi ristoratori della filosofia ci vengono innanzi, io mi trattenessi a tessere una stucchevole serie «le’ comeutalori d’Aristotile e de’ sostenitori del Peripato , i