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(2022 LIBRO Paolo IV nel 1558 pubblicò una legge, con cui sotto pena della carcere, e ancora della galea, si ordinava a tutti i religiosi che viveano fuori del loro chiostro, di fare ad esso ritorno. Fa d’uopo dunque dire che il Zanchi fosse tra essi, che indugiando ad ubbidire agli ordini del pontefice, fosse per comando di esso chiuso in prigione, e che ivi morisse. La data di questa lettera e la voce jampridem dal Latini usata ci mostra che il Zanchi era morto circa gli ultimi mesi del 1558, e che mal lì. nora ne è stata fissata la morte a’ 31 di gennaio del 1560. L’abate Serassi ha studiosamente raccolti gli elogi che molti scrittori ne han fatto; e si possono ad essi aggiugner due lettere di Bartolommeo Ricci, una al medesimo Zanchi, l’ altra ad Agostino Mosti (Op. t. 2, p. 451, 548), nelle quali delle poesie di esso ragiona con somma lode. Ed esse di fatto son tali, che fra la numerosissima serie de’ poeti latini di questo secolo, il Zanchi ha pochi uguali nella dolcezza, e nell’eleganza pochissimi superiori, e ciò in qualunque genere di poesia, poichè quasi di ogni sorta ce ne offrono gli otto libri che ne abbiamo. Fra essi è un poema sacro, intitolato De Horto Sophiae, in cui racchiude i dogmi e i fatti più illustri della cattolica Religione, tanto più degno di lode, quanto più è malagevole lo scrivere di argomento che dagli antichi scrittori non si potè maneggiare. Oltre queste poesie, e le altre opere che già sono state accennate, abbiamo del Zanchi una specie di lessico latino, intitolato Latinorum verborum ex variis auctoribus Epitome•