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TERZO 220<) solennemente assoluto; e potè continuare le sue lezioni. Molto egli giovò ad avvivare gli studj in quella città, e col rinnovare l’antico uso delle declamazioni, e col promuovere l’accademia de’ Trasformati, allora istituita, e col proccurare, benchè inutilmente, che si aprisse in Milano una pubblica biblioteca (Sax. Prodrom. de Stud medio 1. c. 10). Pare che nel 1550 ei fosse promosso a qualche dignità ecclesiastica. Io il raccolgo da una lettera di Andrea Camozzi a Francesco Ciceri, scritta in quelf anno: 7 ibi gratulor, et mihi gaudeo, Francisce suavissime, quod tandem conspexeris cominus Majoragium nostrum ad sublime fasti gium honoris provectum esse.... Ut inani simili bus saepe vidcremus sceptra conferri Ecclesiaeque titulos insignis. Sic injiceretur ori Haeresiarcarum offa veluti cerberis latrantibus, ec. (post Marqu. Gadii Epist. p. 118). Ma qualunque si fosse questa dignità, di che io non ho più distinta contezza , ei ne godè poco tempo, e finì di vivere in età di soli quarantun anni, nel 1555. Se si abbia riguardo al breve tempo eh1 ei visse, moltissime son le opere elf ei ci ha lasciate. delle quali ci ha dato un lungo catalogo l’Argelati. Orazioni, prefazioni, poesie latine e italiane, opuscoli di diversi argomenti , si veggono ivi schierati in gran numero. Molto egli ancora si affaticò nel comentar le opere di Cicerone , appartenenti all’eloquenza, la Rettorica , e più altre opere filosofiche di Aristotele: riguardo ad alcuni de’ quali comenti hanno alcuni troppo di leggieri data al Maioragio la taccia di plagiano,