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TEA70 l8D7 che siccome vi ho amato ed onorato sempre nella presente vita, così farò per voi nell' altra più vera, ciò che alla non finta, ma verace carità s appartiene; ed alla Divina grazia raccomando voi e me stesso. Una lettera di Maurizio Cattaneo, poc'anzi da noi citato, al signor Ercole Tasso ci spone la vera origine della morte del Tasso. La cagion di sua infermità, dic egli (Lettere, pittor. t. 5, p. 49 ec)- è stata l immaginazione, che per sospetti s'avea concepì ita, di dover morire di giorno in giorno, da quali sospetti ed inganni tirato immaginandosi di potersi preservare con medicarsi da se stessi, pigliava or triaca, or aloe, or cassia, or reubarbaro, or antimonio, che gli aveano arse e consumate le interiora, e condottolo finalmente a morte. Nella stessa lettera egli descrive l’amorosa sollecitudine che per lui in quell occasione mostrò il pontefice Clemente VII I, che poco prima gli avea assegnata una buona pensione, l affetto figliale con cui continuamente lo assisteva il Cardinal Aldobrandini, e i contrassegni di sincera pietà co quali il Tasso si era disposto a morire. Con tali sentimenti chiuse il Tasso i suoi giorni a’ 25 di aprile del 1595, in età di soli cinquantun anni. Pare che la fortuna volesse ancor dopo morte inseguirlo; perciocchè, benchè fosse onorato di splendide esequie, per più anni ei non ebbe al sepolcro distinzione di sorta alcuna. Finalmente dal Cardinal Bonifacio Bevilacqua gli fu nella chiesa di S. Onofrio innalzato un onorevole monumento, ma degno di un iscrizione migliore di quella di cui fu onorato.