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1844 LIBRO assai migliori, e la terza singolarmente potè dirsi quella in cui la Gerusalemme liberata cominciasse a mostrarsi nel vero suo aspetto. Intorno a queste prime edizioni merita di esser letto un ragionamento del celebre arciprete Baruffaldi (ivi, p. 386). Ad esse però dee aggiugnersene un’altra da ni un mentovata, e da me veduta presso il sig. D. Carlo Zini arciprete di Fiorano in questa diocesi di Modena, fatta nello stesso anno 1581 in Lione presso Pietro Roussin, colla dedica e colla prefazion dall Ingegneri premessa a quelle di Casalmaggiore e di Parma. XLVII. Colla pubblicazione della sua Gerusalemme pareva che il Tasso dovesse esser giunto al più alto segno di felicità e di onore a cui potesse aspirare. Autore in età ancor giovenile del più perfetto poema epico che mai si fosse veduto, ammirato perciò da tutti come uno de’ più chiari lumi dell’italiana letteratura, caro ed accetto al duca Alfonso II e a tutta la splendida corte di quel sovrano, altro più bramar non poteva, che di riposar tranquillamente all’ombra di quegli allori di cui il suo talento e il suo studio gli aveano ornata gloriosamente la fronte. Ma allora appunto, quando sembrava che il Tasso non potesse sospingere più oltre i suoi voti, ei si vide giltato * nel profondo delle sciagure, e divenuto uno de più memorabili esempii dell’incostanza della fortuna. Nulla vi ha di più noto che le sventure di questo grand’uomo, e nulla vi ha di più incerto che la lor vera origine. Giambattista Manso marchese di Villa, intrinseco amico del Tasso negli