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I 8 I O LIBRO due suddetti scrittori, i quali ancora dell’indole e de’ costumi di esso ragionano stesamente, e cel mostran per essi non meno che pel suo ingegno e pe’ suoi studi degno di rimanere immortale presso de posteri. XXXIX. I due poemi, pe’ quali ne abbiam qui fatta menzione, sono l'Amadigi e il Floridante. Il primo è tratto da un romanzo spagnuolo, e il Tasso si accinse a scriverlo circa l’an 1545, mentre vivea tranquillamente in Sorrento. Avea egli in pensiero di scriverlo in versi sciolti, e di ridurlo alle leggi di perfetto poema, riducendo la favola a una sola azione. Ma dal primo consiglio il distolsero le istanze del principe suo padrone e di altri che gli persuasero più opportuna a un poema l’ ottava rima. E nel secondo gli fece cambiar idea il vedere che leggendone egli al principe e a’ cortigiani i primi canti, pareva ch’essi sene annoiassero, e credette perciò, che più dilettevole fosse per riuscire il poema, se, trascurando l’unità dell azione, avesse seguito lo stesso ordine del romanzo. Egli il condusse a fine verso il 1559), e l’Accademia veneziana, come altrove si è detto, gliel chiese per darlo alla luce, pensando a ragione che grande onore ne dovesse ad essa venire. Ma il Tasso volle farne l edizione a sue spese, ed ella uscì alla luce nel 1560. Se noi rimiriamo separatamente ciascheduna parte di questo poema, appena vi troviam cosa che non sia degna di lode. Lo stile è colto, il verso armonioso e soave, ben tessute ne sono le stanze, e la favola, benchè sia tratta dall’accennato romanzo, è intrecciata però di più altri accidenti dalla